GIM-18843 SANTA FIORA | amiata-in-vetrina
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La contea di Santa Fiora, insieme a quella di Sovana, era uno dei due piccoli Stati in cui furono suddivisi nel 1274 i possedimenti della famiglia Aldobrandeschi che occupavano gran parte del territorio della Toscana 

Al momento della ripartizione, la contea fu assegnata a Bonifazio e includeva, oltre alla "capitale" Santa Fiora, le località di Castell'Azzara, Selvena (insediamento della Rocca Silvana), ArcidossoSemproniano, Scansano, Magliano in Toscana, Istia d'Ombrone, Roccastrada, l'Isola del Giglio e Castiglione d'Orcia.

Nel corso del Trecento i senesi riuscirono a conquistare l'Isola del Giglio, Roccastrada, Istia d'Ombrone, Magliano in Toscana, Selvena, Arcidosso e Castiglione d'Orcia. Nel 1410, inoltre, espugnarono anche il centro di Semproniano che, da allora, entrò a far parte anch'esso della repubblica di Siena.

Da allora, la contea di Santa Fiora limitò le proprie ambizioni territoriali nell'ambito toscano, cioè al capoluogo, a Castell'Azzara e Scansano, mentre nell'attuale territorio laziale possedeva i centri di Onano e Proceno. Nonostante il territorio fosse gradualmente sempre più ristretto per le aggressioni di Siena, questo feudo fu molto più longevo rispetto alla più vasta contea di Sovana.

Soltanto nel 1439 l'intera contea fu ereditata dagli Sforza, in seguito al matrimonio tra Bosio I Sforza e Cecilia Aldobrandeschi, una delle tre figlie di Guido Aldobrandeschi che, non avendo avuto prole maschile, fu di fatto l'ultimo conte. 

Nel 1471 Santa Fiora riconobbe con un trattato l'alta sovranità della Repubblica di Siena.

Nel 1624 quasi tutta la contea fu annessa al granducato di Toscana, mentre i paesi di Onano e Proceno passarono sotto lo Stato della Chiesa.

Alle falde del monte Calvo, nel 1488, il conte di Santa Fiora Guido II, sostenuto dalla consorte Francesca Farnese, fece costruire il convento e la chiesa della Santissima Trinità, in località Selva, dove poi vorrà essere sepolto, lasciando ai frati un sostanzioso legato.
Il francescano Giovanni Battista Da Cutigliano, nel 1646, scrisse una relazione in cui asseriva che il suddetto feudatario, in loco per una battuta di caccia, uccise un mostruoso rettile che si presume infestasse la zona, lasciando alla comunità metà della testa che venne esposta sulla porta della cappella della Trinità.
Negli anni trenta dell'Ottocento il parroco della Selva don Pietro Coppi descrisse il singolare animale in un resoconto, rammentando come fosse privo dei denti, lungo quindici soldi e largo sette. Il conte Sforza era assai devoto al santuario e lo visitava spesso con i familiari.
Il convento, fino alla soppressione napoleonica del 1810, custodiva testimonianze dei signori Luciani (che avevano assistito all'uccisione del "drago", come veniva definito) e di alcuni ministri del conte: recentemente la testa della bestia viene mostrata in una teca.

I conti risiedevano nel palazzo di Santa Fiora, nella residenza estiva di villa Sforzesca (Castell'Azzara) e nella dimora di Genzano di Roma. Il luogo principale di sepoltura era nella pieve delle Sante Flora e Lucilla.

Il matrimonio di Federico III Sforza con Livia Cesarini, infine, fece sì che il loro figlio Gaetano unisse i cognomi e i suoi discendenti amministrarono quello che era rimasto dell'antica contea fino al decreto napoleonico del 1806.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

              LUOGHI DI CULTO

 

PIEVE DELLE SANTE FLORA E LUCILLA  

 

E' situata in piazza Arcipretura, nel terziere di Castello, risale al 1142 (il Pecci e il Battisti datano la prima edificazione addirittura all'860), fu successivamente ampliata nel XV secolo, con l'aggiunta della cappella Sforza, e in quello successivo con la trasformazione della cappella Sforza nel cappellone del Santissimo Sacramento. Sulla facciata al di sotto del rosone è collocato lo scudo araldico con gli stemmi di Mario I Sforza, conte di Santa Fiora (figlio di Costanza Farnese, figlia naturale del Papa Paolo III) e di Fulvia Conti dei conti di Segni e di Valdimontone, che avevano contratto matrimonio nel 1548. Nel 1792 furono aggiunte le navate laterali e sulla facciata venne spostato il portale cinquecentesco del cappellone del Santissimo Sacramento. Tra il 1930 e il 1940 sono stati effettuati dei lavori di restauro. La facciata è decorata con un rosone in travertino con raggiera a otto colonnine. All'interno, sono conservate numerose opere d'arte di grande interesse, come le celebri robbiane, terracotte rinascimentali dell'artista Andrea della Robbia, eseguite tra il 1464 e il 1490: tra le principali si ricordano un Battesimo di Cristo davanti al fonte battesimale; l'Ultima cena, la resurrezione e l'ascensione di Cristo sul pulpito; una pala con la Madonna della Cintola fra i santi Fiora, Tommaso, Francesco e Giorgio; il tabernacolo con l'Eterno Padre in gloria fra i cherubini e angeli adoranti; il Crocifisso detto di San Biagio, nella parete di destra e originariamente collocato presso il cimitero; la pala d'altare strutturata a trittico con al centro l'Incoronazione della Vergine e ai lati san Francesco stimmatizzato e san Girolamo penitente. 

 

 

CHIESA DEL SANTISSIMO NOME DI MARIA

 

Chiesa parrocchiale della frazione del Bagnolo, è stata eretta per volere di Leopoldo I di Toscana nel 1792 e ristrutturata negli anni tra il 1963 e il 1964. Nel 1992 è stato aggiunto il portale in bronzo.

 

 

 

CHIESA DI SANTO STEFANO PROTOMARTIRE E CONVENTO DELLA SANTISSIMA TRINITA' 

 

Sono situati presso la frazione della Selva e legati alla leggenda di un drago che terrorizzò questi territori nel XV secolo. All'interno del convento è situata ancora oggi la parte superiore del cranio del mostro, quasi sicuramente identificabile come appartenente ad un coccodrillo.

La leggenda narra che i fraticelli del convento di Selva avevano da tempo notato la presenza nei boschi limitrofi di un drago dalle enormi dimensioni che, quotidianamente, compiva danni e uccideva chi aveva la sfortuna di incontrarlo. A subire la sua ferocia erano soprattutto gli animali ma si racconta che arrivava ad uccidere anche un uomo al giorno. Oggetto delle sue “brame” erano in particolare i taglialegna, i pastori e i frati del convento.

Quest’ultimi, impressionati al massimo dagli avvenimenti, chiesero aiuto al conte Guido, discendente delle famiglie Aldobrandeschi – Sforza, signori di Santa Fiora.

In un primo momento il conte volle tentare da solo l’impresa di “sconfiggere” e uccidere il “Cifero serpente” (come era chiamato dalla popolazione), ma dovette fare subito marcia indietro rischiando addirittura di essere divorato dal drago infuriato.

Per liberarsi definitivamente dal “mostro” sarebbe stato contattato il mago Merlino di Arcidosso che aveva la propria dimora  in una grotta ubicata fra Arcidosso e San Lorenzo (grotta che esiste tuttora in  mezzo a rovi ed altra vegetazione).

Merlino, uomo famoso e potente, si rivolse al Cavalier Giorgio, grande combattente cristiano, che arrivò sull’Amiata e fu ospitato dal Conte Guido e dai frati della Selva.

A fare da esca per incastrare  il “Cifero” , farlo uscire allo scoperto e distruggerlo, furono i terrorizzati frati del convento, chiamati a improvvisare una danza e cantare di fronte alla caverna dove aveva il suo rifugio.

Quando il drago uscì fuori furente, lanciando strali di fiamme, fu sommerso dalle frecce scoccate dall’alto di un grosso castagno ed ebbe il colpo di grazia dalla lancia del cavalier Giorgio.  

 

Il convento è stato costruito nel 1488 per volere di Guido Sforza e conserva numerose opere artistiche di pregio: la pala della Trinità cinquecentesca, di esecuzione robbiana; il dipinto settecentesco del Bambino Gesù con i santi Antonio da Padova, Buonaventura da Bagnoregio, Lodovico da Tolosa, Leonardo da Porto Maurizio e Bernardino da Massa Marittima; la tela con san Francesco in gloria con le sante Chiara ed Elisabetta d'Ungheria; una pala d'altare del 1744 con l'Immacolata Concezione e i santi Giuseppe e Antonio abate; infine la monumentale tavola di Girolamo di Benvenuto che raffigura l'Assunzione della Vergine con i santi Girolamo e Francesco. Affiancata al convento si trova la seicentesca chiesa di Santo Stefano protomartire, ristrutturata nel 1933 in stile neoromanico. 

 

LO STEMMA DI SANTA FIORA

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